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Il maiale/El mas-cio
By matteo | June 19, 2004
Il rapporto che lega l’uomo vicentino (presumo anche veneto, ma preferisco parlar di quel che so) con maiale è antico. Ho avuto la fortuna di nascere in un casolare di campagna prima della recente civilizzazione, ovvero prima dell’invasione del tutto-già-pronto e ho sempre avuto, nel porzile (porcile) almeno un mas-cio (maiale). Il maiale, si sa, diventa subito uno di casa e, a modo suo, aiuta non poco, dato che si pappa tutto quanto vien avanzato, essendo praticamente onnivoro. Ecco quindi che il detto "te magni come un mas-cio" (mangi come un maiale) mentre ai più suona solamente legato ad una mera constatazione quantitativa all’orecchio del vicentino ha anche il senso di mangi di tutto. Son sfumature, ma contano. Poi il maiale è semplicemente maschio o femmina all’occhio del superficiale, mentre per noi la femmina è o roja (se ha o ha avuto prole, sarebbe il troppo tecnico "scrofa" in italiano) o luja (semplicemente maiala in italiano). Quindi il detto "la ga fato la luja co’ tuti" (ha fatto la maiala con tutti) è arricchitto pure da una sfumatura legata alla non-maternità. Per dire qualcosa in più sulla scarsa moralità di una donna si usa infatti un accento peggiorativo nell’espressione "La xe na gran roja" (è una grande scrofa, ma suona ridicolo): noterete che dice ben poco in italiano, dove i toni si perdono completamente. Dicevo: il maiale arrivava a casa verso aprile-maggio e diventava subito uno di famiglia (anche se non arrivava mai a festeggiare capodanno, ahi lui). Mio nonno, alla fine di ogni pranzo o cena, portava subito gli avanzi al bestione, il quale lo ricambiava con il solito grugnito di riconoscenza: era una specie di rituale. Sorvolo sulla crudeltà dell’esecuzione, attenuata dalle normative che hanno imposto forme più riguardose (la pistola al posto del coltello) ma mi piace ricordare la festa che nasceva attorno all’evento. Prima si radunavano gli addetti ai lavori, sotto la guida del mazìn (uccisore) poi, una volta resolo sbrega (il singolo mezzo maiale, in senso lungitudinale) lo si appendeva al soffitto della barchèssa (capanno) a riposare. Ricordo ancora quando, appena seienne, andavo nel grande capanno e vedevo le due enormi (per me piccino) parti penzolanti e mi facevano sempre tanta impressione. La cosa bella era che dopo mi potevo dindolare (dondolare) sul dondolo che restava, per pochi giorni, ottenuto grazie alla bontà del nonno che mi metteva una tolèta (assicella) tra le corde che sostevano il defunto. Alla fine dello smembramento, le sapienti mani del mazìn ottenevano i coezìni (cotechini), i saladi (salami), le sopresse (sopressate), gli ossocòi (non ho idea di come si chiamano in italiano), le luganeghe (tipo salsicce), il tutto preventivamente testato col tastasale (assaggia il sale). Qualche giorno dopo si festeggiava tutti assieme nella valdèga del mas-cio (festa di fine lavoro del maiale).
C’è da dire che il maiale è presente ancor oggi in tantissime occasioni nel vicentino: come elemento di festa (soprattutto dei suoi insaccati, tipo "la sagra della sopressa"), come oggetto di misura (la scomessa sul peso di un degno soggetto è comune nelle sagre paesane) come metà di visita in occasioni di manifestazioni (quando si va a vedere le fattorie aperte o i caseifici). Una bruttissima abitudine del vicentino è quello di associare l’animaletto rosa con la coda a cavatappo al Supremo in rasie (bestemmie) irripetibili tanto che un sinonimo della bestemmia è proprio porco o porcazo, come nel detto "A go tirà tanti de chei porcazzi che solo Dio lo sa" (ho detto tante di quelle bestemmie che solo Dio lo sa).
Continua?
Topics: Mi saria veneto | 5 Comments »
June 18th, 2004 at 4:00 pm
Da non credere, ma scopro cose che non sapevo!!!!
June 18th, 2004 at 4:30 pm
Ossocòi…Ossocolli, o capocolli, salami fatti solo con la ciccia del collo.
Buooonii…:-)*
June 19th, 2004 at 10:53 am
Grande dissertazione.
Mi sentirei in dovere di fare la stessa cosa da emiliano, regione che ha tipo tre maiali per abitante, e nella cui scomparsa cultura contadina il suino era centrale, quasi una divinità pagana.
Però sono nato e cresciuto nella periferia di modena, coi campi a tiro di vista ma in ritirata più veloce delle mie capacità esplorative, quindi di maiali emiliani non so nulla.
So solo che li si chiama poco fantasiosamente pòrc, mentre la dizione romagnola “ninetto” è molto più carica di mistero.
Mi sovviene solo una filastrocca inglese (vedi l’inquinamento culturale, che però per correttezza politica è oppotuno chiamare crossover):
“the pig, if I am not mistaken,
supplies us sausage, ham and bacon (bacon fa rima con mistaken, ma solo in gran bretagna)
let others say his heart is big,
I call it stupid of the pig”.
June 20th, 2004 at 8:39 am
machè el mas-cio, voialtri vicentini si magnagati
June 21st, 2004 at 10:19 am
Fjol de una luja e una bisluja.
Più o meno