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    Lettera aperta a Sergio Billè

    By matteo | June 24, 2005

    Egregio sior Sergio Billè,

    le scrivo questa mia perché non mi son chiare alcune cosette della sua recente ed ultima assemblea magna. Che Lei, come il collega Ciuffettino di Confindustria, spariate sul Nano Pelato non mi dispiace, anzi. Ormai che il re è nudo se ne son accorti pure i ciechi, resta da capire chi ancora lo segua e gli tenga su lo strascico. Mi lascia perplesso assai il suo dare colpe a destra e a manca, meno che alla sua beneamata categoria. Certo, una colpa non si nega a nessuno quando l’acqua comincia a sfiorare il culo, però. Da quando ci ha allietato la vita l’euro, con relativo imbizzarrimento dei prezzi, una cosa non mi torna, di tutta la faccenda: chi c’ha guadagnato? Forse lei mi sa dare qualche delucidazione.

    No, perché tutti piangono, tutti si lamentano ma nessuno che dica: io con l’euro c’ho guadagnato bene. Allora passo a fare i conti della serva, così Lei mi aiuta a capire. Prendiamo i prodotti agricoli, ad esempio. Son nato in campagna, vivo in un paese di campagna, i miei stan dietro ai quattro campi della povera nonna: qualcosina ci mastico. Bene: si dice che i prodotti agricoli costano sempre di più al mercato. Andiamo a vedere come gira la cosa, allora. Il contadino dice: cazzo, ma a me danno – ogni anno – o uguale o meno per i prodotti che vendo, però le spese mi aumentano. La massaia dice: cazzo, costa sempre di più ‘sta verdurina! Va detto che un po’ di ragione al contadino bisogna pur darla: il gasolio del trattore costa sempre di più, l’assicurazione pure, il trattore stesso – se lo deve comprare nuovo – costa una follia. Poi la corrente, il gas, gli stivali per andare in campagna o sul luamaro, un po’ tutto insomma. Però gli dan sempre una miseria per le carote, le patate, le olive, tutte le robine che lui produce. Quando non van a comprarle a Vattelapescalontanoestero, che costano ancora meno meno, che là i contadini non dicono nemmeno cazzo. E’ però un altro discroso e vado fuori tema. Dall’altra parte – riguardo ai prezzi – ci viene detto (mi metto anche tra le massaie): è un aumento percepito, mica percepito, inventato, sognato, un punto su, mezzo giù, badabìn, badabàn. Però in realtà costa di più, tanto di più: ci son signore che congelano le zucchine perché sperano di rivenderle un domani e farci sopra un gruzzoletto pre mandre a studiare i figli.

    Quindi, caro sior Billè, mi sa che il problema è nel mezzo e, nel mezzo, ci son quelli della sua categoria, ovvero i commercianti. Occhio che se un domani i contadini gli giran le balle magari si mettono a vedendere i loro prodotti dirattamente dalla capagna, tanto da mangiare è evidente che ne hanno sempre, quando ci tiran su quattro soldi per il resto delle spese possono resistere all’assedio per millenni: ha presente il medioevo? Magari si svegliano anche i consumatori e van dai contadini, si coltivano un pochettino di orto invece di far tutta erbetta nei giardinetti, comprano una vacchetta per condominio e ci tiran fuori il latte che gli basta. Son calati i consumi e vi è venuta la strizza la culo? Mica può andare avanti all’infinito la cosa, caro Billè.

    La prossima volta, oltre a chiedere le misure drastiche, a parlare di manine scottate e allegorie altisonanti, batta un paio di colpi sul petto recitando un mea culpa: ci farebbe una signora figura. Poi chiama la sua grande brigata e gli dice chiaro: bene, ora ci si mette tranquilli sui prezzi e si tira la cinghia un pochettino anche noi. Così la bella figura la fate in tanti.

    Magari poi seguono il buon esempio anche i costruttori edili, le assicurazioni, i banchieri, gli industriali, tutti coloro che nelle loro ultime assemblee di ‘sti giorni si son lamentati, lamentati, lamentati…

    Topics: Un tempo era tutta campagna | 4 Comments »

    4 Responses to “Lettera aperta a Sergio Billè”

    1. preci Says:
      June 24th, 2005 at 3:26 pm

      e bravo spiritum. il contadino dietro casa mia, si è messo a vendere il lette in proprio. perchè si è rotto il cazzo di spendere senza quadagnare. il problema sta si in mezzo. sai che, sempre sto contadino, mi ha detto che col latte delle sue vacche la “centrale del latte” o le cazzo di “letterie vicentine, ci facevano solo l’asiago. e che il latte ad “alta qualità” è tutta roba comprata all’estero. In mezzo è il problema. un po’ come la diccì

    2. ikthus Says:
      September 11th, 2005 at 3:30 am

      la verita’ nel mezzo vero ? altrettanto vero e’ che a contadini come quello citato, in una mia precedente occupazione consegnavo assegni circolari (scrivo in lire per nostalgia)da 450.000.000 e rotti(al tempo facevano difetto anche le 50 lire) che l’uva (o il marciume) facesse 17°al mostimetro oppure no ed e’ altrettanto inutile negare l’esistenza di leggi e leggine che fiscalmente sgravano lo stesso di tasse o lo favoriscono economicamente in acquisti di….Perennemente malcontenti della stagione, a prescindere, sono sicuro che a loro un paio di Tods saltavano fuori.E mi fermo qui…Che poi sia suonata la sveglia per cio’ che riguarda la vendita al dettaglio era ora.Da non perdere di vista pero’ il rapporto qualita'(eventualmente chi garantisce? perche’ ho visto vino fatto con i fichi pure , spacciato per D.O.C.) prezzo.

    3. one...sto Says:
      September 16th, 2005 at 12:49 pm

      Assurdo

      La produzione totale Italiana .Massa enorme di denaro,è per trequarti di un anno in mano a commercianti,ovvero ,oramai,centri commerciali supermercati di proprietà di chissa chi.

      Incassano subito e pagano fra 200 giorni.

      Una spugnetta per cucina la comprano a euro 0.80

      la vendono a euro 2.50.

      Presentano perennemente bilanci fallimentari.

      Ci fanno credere che sono i più convenienti.

      Che bella gente.il poter esecutivo intervenga.

    4. p.s.v. » Blog Archive » Fottere, fottere Says:
      December 20th, 2005 at 6:56 pm

      […] Mio padre, in tempi meno sospetti e senza star lì a menarsela troppo, aveva scritto una lettera a quel democristiano di Billè. Cito un passaggio, giusto per precisare. La prossima volta, oltre a chiedere le misure drastiche, a parlare di manine scottate e allegorie altisonanti, batta un paio di colpi sul petto recitando un mea culpa: ci farebbe una signora figura. Poi chiama la sua grande brigata e gli dice chiaro: bene, ora ci si mette tranquilli sui prezzi e si tira la cinghia un pochettino anche noi. Così la bella figura la fate in tanti. Magari poi seguono il buon esempio anche i costruttori edili, le assicurazioni, i banchieri, gli industriali, tutti coloro che nelle loro ultime assemblee di ‘sti giorni si son lamentati, lamentati, lamentati […]