Le ballerine
By matteo | November 2, 2007
Dieci anni fa, era quasi inverno, scoccò la scintilla. Erano là, belle, fiere, che dicevano a tutti una sola cosa: prendeteci! Il prezzo, per quei tempi, era altino ma, si sa, al cuor non si comanda.
E siamo ancora insieme, dopo dieci anni, inverno dopo inverno. Loro, incuranti del freddo, del gelo, della pioggia, delle asperità son sempre lì che mi proteggono, custodiscono il bene prezioso che affido loro, dal mattino a tarda sera: i piedi. Nate come scarpe da lavoro mi piace chiamarle, vezzosamente, “le ballerine” un po’ perché, avendoci il puntale di acciaio, ci si potrebbe effettivamente stare, sulle punte; un po’ perché, nonostante i 1.050 grammi cadauna, con loro calzate mi piace abbozzare – non visto – qualche passo di danza. Avendoci la suola in acciaio si può camminare ovunque, sono ottime andando in scooter, infondono la sicurezza di avere i piedini ben piantati a terra, fanno un figurone con i jeans o con le braghe a coste. Sono ancor oggi in produzione, tali e quali a 10 anni fa, e con l’euro forte vengon via per poco.
E vi scordate di cambiar scarpe per un decennio.
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Del NON essere Web 2.0
By matteo | November 2, 2007
Avendo del tempo da perdere, andando in giro in bici (che di per sè è perdere tempo, volendo), anche a seguito di alcune riflessioni a 4 mani con una gentile signora, frullavami per la mente ‘sta idea: che doti occorrono per essere web 2.0?
Porcazza!
Avevo scritto un pezzo bellissimo, lunghissimo, approfonditissimo, scassacazzissimo sul perché, in percome ed il ma anche. Giuro: quasi un’ora di lavoro, con tanti link. Una palla orrida.
meglio la semplicità di quattro parole: non fa per me. Bon, stop, basta. Lo dico per tutte quelle bravissime, interessantissime, avantissime, ottimissime personcine che mi invitano di qua, di là, un profiletto lì, un tag dall’altra parte, 160 lettere dall’altra.
Grazie, son a posto così. Non v’offedente, eh.
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Conoscersi e conoscersi
By matteo | October 28, 2007
Circa un anno fa il Capo portò all’aziendina un grosso cliente. Per i primi tempi seguì tutti i lavori in prima persona, interfacciandosi (o qualcosa del genere) con il Capo dall’altra parte. Meglio, La Capa (in quanto Direttrice Marketing). Da gennaio, un pochetto alla volta, il Capo presentò il qui presente ragazzo di bottega che, piano piano, divenne il referente interfacciato con la Capa. Il tutto sempre ed esclusivamente tramite telefono o mail. E badabìn e badabàn fatto sta che da più di dieci mesi, il qui presente ragazzo si sente quasi giornalmente con la signora. L’unica notizia sul simulacro di carne che sta “dall’altra parte” che è giunta al ragazzo (ormai sono schiavo dello schematismo) oltre l’interloquire tecno-telefonico (recentemente anche Skype ha arricchito la gamma delle opportunità di contatto) è che trattasi di signora avvenente assai. Certamente trattasi di donna decisa, intelligente, preparata sul suo campo, brillante nel conversare, verrebbe da dire affascinante.
Così, giorno dopo giorno, lavoro dopo lavoro, mail dopo mail il rapporto è cresciuto. Passata la prima deferente ossequiosità (il ragazzo è fatto così), si passa a qualche nota fisico-anagrafica (son senza capelli però alto, cose così), qualche gusto (tifoValentino Rossi), ci si conosce un pochetto alla volta. Le occasioni di incontro (legate ad eventi inerenti al settore lavorativo) ci sarebbero ma il caso pare non gradire.
Poi un giorno un discorso cade su internet, da qui sui blog. “Anch’io ne ho uno” fa il ragazzo. Accidenti. Anche la signora ne ha uno. Accidenti. “Dimmi del tuo” fa la signora. “Ma no” fa il ragazzo.
Il ragazzo nicchia perché, fondamentalmente, di vergogna del tono del suo blog. Capiamoci: non che abbia mai cercato di essere diverso nei rapporti mediati con la signora, cioè sembrare fine, elegante, colto, è tale e quale a com’è realmente e – sa va sans dir – al suo blog. Un bel giorno il ragazzo cede, lascia cadere un indizio e la signora trova il bloghetto (quale? ma questo! se fai questa domanda non hai capito proprio un cazzo, però).
Passa qualche giorno ed anche la signora dà un indizio ed il ragazzo trova subito il suo bloghetto. E qui la sorpresa: la signora pare diversa, nei suoi scritti, da quello che il ragazzo sente al lavoro. O meglio: mostra dei lati di sè che non traspaiono dalla quotidianità dei rapporti. Certo: qui è tutta virtualità, chissà se, magari però, forse anche, potrebbe essere che. Per una mente semplice come quella del ragazzo è comunque una grossa confusione, altroché.
Ora, la fine della fiera è: ma quanto ci complica la vita, ‘sto coso qua? E poi: non è meglio star zitti, tante volte?
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